Elviro Langella

Il Fuoco, La Spada, Il Leone

Parte 2 . Presentazione del progetto multimediale al Liceo artistico di Castellamonte

Torre Canavese, Liotro

2a sezione dell’installazione: il Liotru. Proposta degli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Catania

Il lavoro del laboratorio creativo attivato all’Accademia di Belle Arti di Catania è approdato alla proposta di suggerire al pubblico fruitore dell’installazione, un’immagine particolarmente emblematica della nostra propria identità culturale. Un soggetto figurativo rappresentativo appunto, del nostro territorio di appartenenza, mirato a rinsaldare con la sua forte valenza iconica, l’ideale gemellaggio con gli altri protagonisti del progetto: i giovani del liceo piemontese e quelli dell’antico liceo “Ennio Quirino Visconti” di Roma.

Torre Canavese, Liotro Abbiamo attinto ispirazione ad una singolare scultura cara alla cultura siciliana, che riassume in sé i requisiti di simbolo araldico della città di Catania, sposandoli ad ulteriori più riposti significati che pescano lontano nella storia e nel folklore della nostra terra. Significati niente affatto spogli di richiami esoterici in linea con le allegorie rappresentate dalle statue della Galleria Giustiniani prese a modello dai ragazzi del liceo di Castellamonte.

L’effige della nostra scultura compare istituzionalmente nel logo della nostra Accademia come in quello dell’Università stessa catanese nonché nello stemma araldico della città. È l’icona dell’Elefante. Il nostro dialetto ha battezzato l’Elefante con l’espressione: ‘o Liotru. Permeata addirittura di tali poteri magici e allusioni esoteriche nell’imagerie e l’aneddottica popolare, da scivolare fatalmente nella più inverosimile leggenda.

Ragazzi Accademia Belle Arti di Catania

Nell’ipotesi avanzata dal nostro progetto, il pubblico inoltrandosi nella prima sezione dell’installazione, una volta accolto da Esculapio e da Igea, quasi per essere ritualmente traghettato sui sentieri del viaggio ipogeo, scorgerà proprio l’Elefante tra le sorprese disseminate lungo il percorso labirintico in cui è destinato ad addentrarsi, coinvolgendosi progressivamente nell’avventura. Non senza stupore, finirà presto per riscoprirsi nella condizione di Polifilo perso nel suo Sogno romanzesco, scoprendo che il suo viaggio non può indugiare più di tanto nella contemplazione esteriore dei Mirabilia scolpiti nella pietra.

Torre Canavese, Liotro

È chiamato infatti, a spingersi oltre, transitando fin dentro le interiora di questi meravigliosi Colossi. Più che sculture, essi si riveleranno vere, agibili architetture: macchine quasi magicamente dotate di vita autonoma, ordite da chissà quale prodigiosa ingegneria, che attendono d’essere esplorate nelle loro profondità, alla stregua della caverna ricavata nelle viscere dell’Elefante di Polifilo, disseminata dei più inestimabili tesori sapienziali. Il collegamento intenzionale alle pagine che descrivono la visita di Polifilo alla caverna ricavata nel ventre dell’Elefante, si farà ancora più esplicito non appena faremo cenno alla scultura che proponiamo di installare al suo interno.

Torre Canavese, Liotro

Torre Canavese, Liotro Un momento del workshop all’Accademia è stato dedicato al significato onirico incarnato dall’elefante nel cinema di Fellini. Non solo per i riferimenti esotici e circensi pullulanti nell’immaginario felliniano che echeggiano nelle ricercate scenografie, ma anche per gli intimi risvolti psicologici connessi simbolicamente al pachiderma. Se ne trovano pagine eloquenti nel Libro dei sogni in cui il regista sembra confessare a proposito, le private emozioni che lo coinvolgono e non di rado, lo sconvolgono profondamente. Sto pensando ai ricordi legati alla madre suscitati dal sogno dell’elefante cieco abbattuto sotto il tendone del circo che Fellini descrive in un rituale a dir poco angosciante. Un incubo quanto mai inopportuno se si pensa che aveva appena battuto il ciack conclusivo di Giulietta degli spiriti.

Torre Canavese, Liotro La scelta di un riferimento figurativo così singolare proposto dal nostro progetto vuol significare inoltre, anche una felice saldatura tra l’emblematico elefante della città siciliana e altri analoghi simboli a vario titolo connessi per rimandi e assonanze al nostro progetto. Non senza qualche fondato motivo c’è chi ricorda, trattando la biografia di Fellini, come l’impresa araldica con l’immagine dell’elefante figuri nello stemma dei Malatesta così diffusamente rappresentato nei monumenti rappresentativi della città natale del regista: Rimini.*
* 1° eBook Federico Fellini, Il libro dei sogni Rimini nei sogni e negli incubi di Fedrico Fellini a cura di Mario Guaraldi

Personalmente, sempre nello spirito di un ideale gemellaggio tra tutti gli attori del progetto – Catania, Castellamonte, Roma –, credo opportuno rimarcare l’ulteriore collegamento del nostro tema con Roma, portando alla memoria la pagina del racconto del prof Langella (La favola alchemica del principe di Sansevero) che fa riferimento alla dotta lezione impartita al giovanissimo Raimondo dal padre gesuita del Collegio romano proprio all’ombra dell’elefante scolpito dal Bernini nella piazza di Santa Maria sopra Minerva. Una lezione che proprio nel contesto del progetto, torna quanto mai illuminante per capire su fondate basi filologiche, la discendenza del nostro animale proprio dalle pagine del Sogno di Polifilo.

Torre Canavese

Per rimanere però, ancora un momento al regista riminese, trovo altrettanto interessante la ricorrente apparizione di mostri surreali evocati dal mondo onirico a lui caro. Talvolta, ci imbattiamo in stranianti animali esotici. Ci sentiamo ridotti a lillipuziani di fronte ad elefantiache creature, vittime di irresistibile fascinazione. Siamo addirittura calati fin dentro le viscere d’una balena, persi come Pinocchio in un’inquietante esplorazione speleologica. Talaltra, ecco un mastodontico pesce affiorare da finti mari di plastica. Ed è ineludibile il richiamo al Leviatano che ingoiò Giona.

Torre Canavese

Sulle orme delle mille peregrinazioni di Giacomo Casanova, siamo richiamati dalle attrazioni di un circo di passaggio per lande irriconoscibili e sentieri fangosi. Invitati ad entrare dentro una balena terrificante e assieme grottesca, ci ritroviamo ad assistere allo spettacolo di fantasmagorie messo in scena da una lanterna magica. Contribuisce anch’essa ad inscenare un’ennesima, ossessiva metafora di Fellini. Una metafora erotica, come apprendiamo esplicitamente dalla sceneggiatura di Tonino Guerra. Il nostro mostro marino infatti, ha un nome inequivocabile: è la Mona! Oggetto di deliranti trasalimenti la mona, cioè il sesso femminile, ispira versi poetici gravidi di suggestioni surreali: è “una balena vuota, piena di aria nera e di lucciole …”.

Torre Canavese

Torre CanaveseDisegno di Roland Topor per lo spettacolo di fantasmagorie della lanterna magica nel Casanova di Federico Fellini

Lo straordinario verso del compianto Tonino Guerra non potrebbe fornire spunti più calzanti alla performance recitativa prevista in apertura di serata per l’inaugurare dell’installazione a Torre Canavese.

Tonino Guerra

Tonino Guerra ha 'scelto' il 21 marzo, l'arrivo della primavera, ma anche la giornata mondiale della poesia istituita dall'Unesco, per lasciare il mondo. Maestro elementare, poeta, sceneggiatore, ha collaborato con Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Francesco Rosi e i fratelli Taviani, firmando capolavori del cinema italiano, da 'L'avventura', nel 1960, a 'La polvere del tempo', nel 2008.

Nato a Santarcangelo di Romagna, dove si è spento questa mattina, il 16 marzo del 1920, Tonino Guerra ha contribuito a scrivere pagine importanti del cinema e della cultura italiana degli ultimi 92 anni. Era un maestro elementare, quando nel 1943 venne deportato in Germania nel campo di concentramento di Troisdorf. Qui, per intrattenere i compagni di prigionia, si mise a raccontare storie come si faceva nelle campagne della sua Romagna accanto al fuoco. E cominciò a scrivere poesie in dialetto romagnolo. Dopo la guerra, si laureò in pedagogia all'università di Urbino, dove lo notò e incoraggiò Carlo Bo, che lo aiutò a pubblicare la sua prima raccolta 'I scarabocc'. Divenne quindi membro di un circolo di poeti, 'E circal de giudeizi' (il circolo della saggezza) con Raffaello Baldini e Nino Pedretti. Ma è l'attività di sceneggiatore, iniziata con il trasferimento a Roma nel 1953, che Guerra raggiunge la fama. Con Antonioni firma 'L'avventura' (1960), 'La notte' (1961), 'L'eclisse' (1962) e 'Deserto Rosso' (1964). In contemporanea con quest'ultimo collabora a 'Matrimonio all'italiana' di Vittorio De Sica, con cui nel 1970 realizza anche 'I Girasoli'. I suoi capolavori, però, li firma con Fellini: 'Amarcord', nel 1973, e dieci anni dopo 'E la nave va'. Lavora anche con Angelopoulos, Mario Monicelli, Josè Maria Sanchez e Wim Wenders. Negli anni 80 tornò in Romagna, dove, oltre a continuare la sua produzione poetica, si diede all'architettura del paesaggio, disegnando fontane, piazze e scalinate per i paesi della sua terra. Si dedicò anche alla pittura e alla creazione di installazioni artistiche da lui ribattezzate 'I luoghi dell'anima', tra i quali L'Orto dei frutti dimenticati, Il Rifugio delle Madonne abbandonate, La Strada delle meridiane, Il Santuario dei pensieri, L'Angelo coi baffi, Il Giardino pietrificato, L'albero della memoria. Lascia una produzione culturale sconfinata che ha profondamente inciso nella cultura del nostro Paese.

Tonino Guerra, Liotro Good Morning Babilonia 1987
dei Fratelli Taviani

Il primo animale dello Zoo verde installato sul monte di Perticara è stato un elefante, a testimoniare un amore antico, che nel film dei fratelli Taviani Good Morning Babilonia dell'87 fu l'emblema dell'esaltazione della fantasia e della creatività italiane, frutto di una tra le più belle e rappresentative sceneggiature di Tonino Guerra.

La Gazzetta del Mezzogiorno Martedì 31 maggio 2011
di Cosimo Damiano Damato

BARLETTA: Il maestro del cinema rilancia una vecchia iniziativa.

Canne, il poeta Tonino Guerra
e il sogno degli elefanti

Il sogno di Tonino Guerra: grandi sculture che ricordino gli elefanti di Annibale nella piana di Canne. Dalla sua Pennabilli il maestro del Cinema Italiano telefona e mi chiede: “Allora, questi elefanti li costruite? Ho disegnato dei bozzetti”. L’idea di realizzare degli elefanti è nata un anno fa, da un viaggio in Puglia di Guerra. Lo sceneggiatore di Fellini scrisse una lettera aperta al presidente Vendola in cui immaginava “cose magiche da chiedere a qualche artista o qualche grande architetto... per aggiungere bellezza all’Italia e soprattutto a quella che è chiamata la piccola Italia. Così l’i n c o n t ro con la Puglia sarebbe subito magico e felice. Non sarebbe male qualche struttura gigantesca di elefante. Presenze alte 5 metri, coperte da semplici reti metalliche che diventano sagome verdi d’estate e rosse d’autunno. Sono per ricordare gli elefanti di Annibale (non importa se nella battaglia di Canne non c’erano)”. “La bellezza salverà il mondo”, scriveva Dostoevskij. Ed il grande poeta Tonino Guerra sembra aver fatto di questo la sua vera missione artistica. Quel viaggio in Puglia il Maestro non l’ha dimenticato e di recente ha regalato al governatore un libretto con bozzetti e disegni. La sua curiosità di bambino novantenne lo ha portato a girare in lungo e in largo questa parte di Sud che lui tanto ha amato. Guerra nel suo viaggio aveva attraversato la stataledelle Saline, da Foggia a Barletta passando per Margherita di Savoia, affascinato dagli specchi d’acqua delle saline ma anche indignato dalle architetture senza poesia della barbara cementificazione. Poi c’è la desolazione della pianura, non c’è poesia, manca la fantasia che poi non c’è bisogno di effetti speciali ma basterebbe poco, piantare qualche albero giusto e qualche opera di qualche artista. Ma è a Margherita che Guerra rivela la sua ricetta di bellezza: “ recuperate i pagliai, costruite un villaggio di antiche capanne”. Sarà la sua voce leggera come l’aria, sarà la sua inflessione romagnola, sarà la sua aura magica e stralunata, ma quelle parole appaiono come tavole bibliche dinanzi al degrado urbanistico. “Voglio solo arricchirmi” dice l’autore di Amarcord, “ vorrei godere della vista di una città con i pagliai e con delle grandi sculture di elefanti, non servono troppe cose per rendere bella una città”. Guerra appare come un albero di ulivo secolare, un albero gibboso che ha visto la devastazione della guerra e poi ha trovato la poesia nella vita. Ogni sua oliva è colorata ed ha il sapore della prima spremitura. La sua fantasia è elegiaca ma anche molto reale, ricorda molto Leonardo Da Vinci la sua creatività geniale, ma oltre la scienza ed il gusto c’è anche la poesia. E’ un vecchio saggio sapiente, il suo “sogno” è stata una idea preziosa, la bellezza si regala, è commovente il suo sguardo che si meraviglia ancora davanti ad un tramonto o ad un artigiano che lavora ancora con le sue mani, e lo è ancora di più nell’ascoltarlo al telefono, a distanza di un anno, a chiederci ancora se qualche politico ha preso in considerazione il suo invito di realizzare gli elefanti di Annibale.

Torre Canavese

Torre Canavese, Liotro La Meridiana dell'Incontro. Nel suo transito-incubazione all’interno della caverna elefantina non può sfuggire al pubblico un’apparente incongruenza.
Scopriamo qui dentro una stele raffigurante due figure velate realizzate dal prof Langella.
Nel contesto in cui sono ambientate, queste immagini alludono all’enigmatica coppia del Re e della Regina anch’esse scolpite con efficace verosimiglianza, quali è dato incontrare nell’episodio del Polifilo all’interno della caverna ricavata nel ventre del pachiderma.

Torre Canavese, Liotro Ad un’occhiata più approfondita, la scultura rivela la struttura di una vera meridiana che abbiamo inteso battezzare La Meridiana dell'Incontro con un'evidente allusione all'analoga installazione di Tonino Guerra. Lo gnomone di questo singolare orologio solare fa da bracciolo su cui riposa la dama velata.
Il quadrante tracciato sulla lastra di fondo ritaglia uno spicchio convesso trapezoidale solcato da un insolito tracciato geometrico piuttosto complesso, che porta alla mente antiche mappe topografiche o planimetrie urbanistiche con il riconoscibile ordito ippodameo di strade a scacchiera.
Nella qualità di autore della stele, il prof Langella ha tenuto a spiegare egli stesso dettagliatamente questo misterioso motivo geometrico nell’articolo apparso sul numero del Solstizio d’inverno 2011 della rivista Opus minimum edito dal Laboratorio ermetico-filosofico napoletano di cui è redattore. Consultabile in rete anche all’indirizzo: http://esoterismografico.blogspot.it/2011/11/il-solstizio-una-porta-verso-la-vita-e.html.
Eppure, è lecito domandarsi che senso abbia quell’orologio solare rinchiuso all’interno dell’antro elefantino. Giacché, a prestar fede a quanto descritto nell’Hypnerotomachia Poliphili, il sapiente architetto concepì la camera ovale difesa da spessissime mura che fanno schermo alla luce del giorno.

In assenza di finestre, le uniche fonti di luce infatti, che desumiamo dal racconto di Francesco Colonna, risulterebbero essere due “lampade eterne”. A sciogliere l’arcano, forse, giova una legittima, sottile analogia – che Langella non manca di sottolineare – tra queste lampade e i leggendari “lumi perpetui” posti a rischiarare le tenebre della caverna del Sansevero assai simile, scolpita in stile rocaille: vale a dire quella cripta ovale annessa alla Cappella, eloquentemente denominata la Fenice, ove riposa il Cristo velato, immagine emblematica del viaggio iniziatico orientato alla rinascita, propiziato dal principe-mago nel silenzio del suo tempio massonico.

Torre Canavese

Torre Canavese